Helicobacter pylori e patologia correlata · Dr. Giuseppe Naim

Helicobacter pylori e patologia correlata

Helicobacter pylori e patologia correlata

Dott. Giuseppe Naim

Helicobacter Pylori1

L’Helicobacter pylori è un batterio Gram-negativo di forma elicoidale e dotato di grande mobilità, grazie a 4-6 flagelli che presenta ai poli, che è stato isolato per la prima volta nel 1983 da biopsie della mucosa gastrica. Il microrganismo si annida, infatti, nelle cellule della mucosa gastrica che rappresenta il suo habitat naturale ovunque essa si trovi, sia nello stomaco che nella metaplasia gastrica dell’esofago e del duodeno. L’incidenza dell’infezione varia a seconda dell’area geografica e delle differenti condizioni socio-economiche: l’HP è meno frequente nei paesi sviluppati mentre raggiunge percentuali altissime di diffusione nei paesi poveri. In Italia la prevalenza media di infezione negli adulti è stimata in circa il 60%.

L’HP infetta solamente l’uomo e si trasmette verosimilmente per via oro-orale (contatto diretto, saliva) o oro-fecale (mani non adeguatamente lavate prima del contatto col cibo). Pertanto, l’unica possibilità di prevenzione sta nel massimo rispetto delle norme igieniche. L’infezione si acquisisce in età pediatrica e persiste nell’età adulta, e la diffusione familiare dell’infezione è frequente. Avere l’HP non è però sinonimo di malattia: alcuni soggetti possono infatti ospitare il batterio per anni nel proprio stomaco senza sviluppare patologia né avere disturbi, altri sono invece destinati ad ammalarsi di gastrite o di ulcera peptica.

L’ureasi prodotta dal batterio idrolizza l’urea in ammoniaca ed anidride carbonica (CO2) e lo protegge dagli effetti dell’acido gastrico, alcalinizzando l’ambiente circostante. La grande mobilità gli permette di attraversare l’ambiente acido dello stomaco, di introdursi nello strato di muco e di stabilirsi sull’epitelio gastrico dove esiste un ambiente neutro che gli è favorevole.

La scoperta dell’HP ha rivoluzionato la gestione della patologia gastro-duodenale. Oggi si sa che è l’HP la causa della maggioranza delle gastriti croniche non specifiche. L’HP secerne proteine che interagiscono con le cellule epiteliali dello stomaco ed attivano i macrofagi ed i leucociti neutrofili, causando una flogosi; inoltre produce l’ureasi, che neutralizza il pH acido dello stomaco, e le tossine che contribuiscono alla formazione di ulcere. Il microrganismo aderisce alle cellule mucose della superficie gastrica, preferibilmente nell’antro, e risiede nello strato mucoso. L’HP libera diverse tossine ed enzimi che causano un’infiammazione cronica (gastrite cronica attiva) capace di alterare l’integrità della mucosa: quando i meccanismi riparatori non riescono a curare la lesione infiammatoria è possibile che le secrezione acida distrugga la barriera di protezione della mucosa e provochi così l’ulcera. L’aumento della secrezione di gastrina può essere dovuta all’effetto diretto del batterio (tossine) o indiretto (infiammazione). Probabilmente l’ipergastrinemia provoca iperplasia delle cellule parietali gastriche, aumentando la secrezione acida, anche dopo l’eradicazione del batterio.

FORME PATOLOGICHE CORRELATE ALL’HP

Gastrite

L’HP è la causa più comune della Gastrite cronica aspecifica non erosiva e, nella maggior parte dei pazienti, l’infezione è asintomatica. Generalmente ne sono colpiti l’antro ed il fondo gastrico, dando origine ad un processo flogistico. Se non viene trattata in maniera specifica, l’infezione tende a diventare cronica e, in alcuni pazienti, le alterazioni della mucosa gastrica diventano permanenti.

Carcinoma gastrico

La gastrite cronica indotta dall’HP può progredire fino a diventare gastrite cronica atrofica che è il precursore del cancro gastrico. Tuttavia, i meccanismi per i quali si forma il tumore sono multifattoriali e quindi non tutti i pazienti infetti lo sviluppano e neppure tutti gli adenocarcinomi gastrici sono associati alla presenza dell’HP. Anche la dieta ed i fattori genetici sono molto importanti.

Ulcera gastrica e duodenale

L’HP si riscontra nel 95% dei pazienti affetti da ulcera duodenale e nel 80% di quelli che presentano ulcera gastrica. La recidiva di questi due tipi di ulcera diminuiscono in modo significativo in seguito all’eradicazione del batterio grazie ad un trattamento adeguato. La prevalenza di infezione da HP in pazienti che assumono FANS oscilla tra il 22 ed il 63%. Nonostante ciò le ulcere da FANS si formano per un meccanismo diverso nei pazienti con infezione da HP. E’ possibile che il loro effetto sia complementare.


DIAGNOSI

Oggi, in campo diagnostico, si hanno a disposizione diversi strumenti per poter accertare la presenza dell’infezione da HP. Tra le metodiche non invasive, il primo ad essere utilizzato è il test sierologico,  un test di enzimoimmunoassorbimento che si basa sulla ricerca, in un piccolo campione ematico, di anticorpi anti-HP. Dopo il contagio, infatti, l’organismo inizia a produrre anticorpi per difendersi dall’infezione e continua a produrli per lungo tempo. Purtroppo, come avviene in tutte le risposte anticorpali, gli anticorpi anti-HP diminuiscono in maniera lenta e progressiva ma non scompaiono in seguito all’eradicazione del batterio. Pertanto, il loro dosaggio non è affidabile per misurare la risposta al trattamento fino a sei mesi dopo la terapia.

Tra le metodiche non invasive rientra anche il breath test o test del respiro che si basa sul fatto che l’HP produce grandi quantità di ureasi che porta all’idrolisi dell’urea. Al paziente viene somministrata, per via orale, urea marcata con carbonio 13, un isotopo non radioattivo del carbonio: nei pazienti infetti l’ureasi del batterio scinde l’urea in ammoniaca ed anidride carbonica (CO2). Perciò, quantificando la concentrazione di CO2 marcata nell’aria espirata 30 minuti dopo l’ingestione dell’urea, si può confermare o smentire la presenza dell’infezione. In particolare, il mancato incremento della concentrazione di carbonio 13 nell’espirato indica, a seconda dei casi, l’assenza dell’infezione o l’avvenuta eradicazione del batterio. Questa metodica è piuttosto costosa ma permette di misurare la risposta alla terapia in modo rapido ed efficace.

Non invasiva è anche una metodica per il riscontro nelle feci di un antigene specifico, l’HP antigene fecale. E’ un test altamente sensibile (96%) especifico (95%), sia per diagnosticare la presenza dell’infezione che per valutare gli effetti della terapia. Può dare comunque dei falsi positivi nel primo periodo dopo il trattamento eradicante. Pare che ciò possa essere legato alla fisiologica eliminazione di cellule gastriche contenenti HP ormai senza alcuna attività ma che rimane positivo alla ricerca antigenica.

Le metodiche invasive si basano sulle tecniche endoscopiche come la gastroscopia che, oltre a consentire di cogliere con la visione diretta eventuali alterazioni dello stomaco (gastriti, erosioni, ulcere), dà la possibilità all’endoscopista di eseguire una tecnica complementare come il prelievo di frammenti di mucosa gastrica nelle sedi opportune (biopsia). I campioni bioptici vengono successivamente analizzati al microscopio (esame istologico) grazie all’utilizzo di tecniche di colorazione. L’istologia è un eccellente metodo per individuare l’HP nei campioni bioptici e per rapportare il grado di infezione ai referti patologici. Sulla biopsia è possibile anche eseguire una coltura microbica chepermette di conoscere le caratteristiche biochimiche e morfologiche del batterio per eseguire la diagnosi. L’incubazione richiede dai 3 ai 7 giorni. L’antibiogramma è molto utile per una più specifica impostazione terapeutica nei casi in cui il batterio risulti resistente agli antibiotici utilizzati come prima scelta.

Il test all’ureasi è un metodo rapido che permette di verificare la presenza dell’HP aggiungendo i campioni bioptici ad un substrato liquido o solido contenente urea ed un indicatore di pH. Se c’è la presenza del batterio, l’ureasi prodotta dal germe direttamente sui campioni di mucosa gastrica determina produzione di ammoniaca con il conseguente viraggio del colore dell’indicatore. E’ una metodica sensibile ma esiste la possibilità di falsi negativi, specie nei casi in cui il paziente abbia eseguito di recente terapie antibiotiche.


TRATTAMENTO

L’eradicazione si definisce come l’assenza di HP un mese dopo la fine della terapia. Oltre al patogeno devono essere eliminati altri fattori di rischio per l’ulcera peptica come l’assunzione di FANS ed il fumo. Non è facile eradicare l’HP dato che l’acidità gastrica lo protegge dagli antibiotici. Per questo motivo, la combinazione di inibitori della pompa protonica (PPI) con diversi antibiotici (claritromicina, amoxcillina, tinidazolo, metronidazolo, tetraciclina), somministrati per un periodo di 7-10 giorni, favorisce in modo significativo l’eradicazione del batterio poiché neutralizza il pH e, di conseguenza, permette all’antibiotico di agire con efficacia. Sono stati testati, negli anni, vari schemi di trattamento eradicante ma, attualmente, l’associazione citata ha un’efficacia molto alta ed una buona tollerabilità in quanto gli effetti secondari del trattamento non sono frequenti né particolarmente gravi.

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