Colonscopia e colonscopia virtuale a confronto · Dr. Giuseppe Naim

Colonscopia e colonscopia virtuale a confronto

La colonscopia (o coloscopia) è un esame invasivo che consiste nell’introduzione attraverso l’orifizio anale di una sonda flessibile del diametro variabile, ma non superiore a un centimetro e mezzo, che porta alla sua estremità una microtelecamera che trasmette le immagini sul monitor. Questa sonda viene fatta risalire lungo tutto il grosso intestino, dal retto fino al cieco, e permette di esaminarne la parete interna, la mucosa, per scoprire eventuali lesioni, ulcerazioni, occlusioni, masse tumorali. E’ un esame di solito ben tollerato dai pazienti, che si esegue di norma con una blanda sedazione mediante farmaci iniettati per via endovenosa o anche, se necessario, in regime di sedazione più profonda. L’eventuale fastidio per il paziente può essere determinato dalla distensione delle pareti coliche in seguito all’introduzione di aria, attraverso un canale dello strumento, che è indispensabile per la corretta visualizzazione delle pareti ma che, però, viene poi in gran parte rimossa al termine della procedura.

La colonscopia costituisce un importante strumento di prevenzione, che permette di individuare e, se necessario, rimuovere all’istante dei neoformazioni anche molto piccole ed in fase iniziale, impedendone lo sviluppo e la degenerazione. Se eseguita in modo corretto e accurato la colonscopia è in grado di fornire utili indicazioni per la diagnosi e può, inoltre, essere utilizzata anche a scopo terapeutico. Infatti, il grandissimo vantaggio della colonscopia rispetto alla colonscopia virtuale è che, nel corso della stessa procedura diagnostica, si possono eseguire, se necessario, metodiche complementari sia diagnostiche che terapeutiche come la biopsia o l’asportazione di polipi o anche altri atti operativi come, ad esempio, le varie tecniche di emostasi. Anche per questo una buona pulizia dell’intestino è sempre estremamente importante in quanto rende l’esame attendibile, evita il rischio di false diagnosi e favorisce, appunto, eventuali trattamenti operativi.

La colonscopia riconosce essenzialmente due grossi campi applicativi: lo screening del cancro del colon e la ricerca di elementi diagnostici in presenza di segni e sintomi di natura intestinale.  L’esame endoscopico del colon è considerato il “gold standard” per lo screening del cancro del colon-retto. La colonscopia è consigliata ad intervalli regolari di 5 anni come corretta attività di screening per tutti i soggetti a rischio, ad esempio per coloro con  familiarità per poliposi e cancro colo-rettale, o comunque dopo i 50 anni quando dall’esame delle feci si rileva la presenza di sangue occulto, anche in tracce minime. Per la popolazione priva di fattori di rischio importanti oltre all’età, le linee guida consigliano invece di eseguire una colonscopia da ripetere ogni decennio. Oltre che nello screening del cancro colo-rettale, la colonscopia viene tipicamente utilizzata per indagare la causa di sintomi come dolori addominali, sanguinamento rettale, stipsi o diarrea cronica, frequenti alterazioni dell’alvo (periodi di stitichezza alternati ad episodi diarroici), anemia sideropenica di origine sconosciuta, tenesmo (sensazione di incompleta evacuazione delle feci), emissione di feci nastriformi e abbondante presenza di muco nelle feci.

La colonscopia è un esame diagnostico a basso rischio ma, essendo un atto invasivo, bisogna sempre prendere in considerazione la possibilità di complicanze anche se queste sono numericamente piuttosto modeste. Complicazioni importanti si verificano statisticamente in circa 3 casi su 1000 e sono principalmente l’accidentale perforazione del colon o l’eventuale sanguinamento qualora si facciano biopsie o asportazione di polipi; in questo caso, comunque, come già detto, ci sono tecniche in grado di arrestare l’eventuale emorragia. La complicanza più grave (con incidenza < 1 caso su 2000) è comunque la perforazione, che richiede un immediato intervento chirurgico. Eventuali perdite di sangue possono invece essere arrestate mediante le tecniche di emostasi già durante la colonscopia, che dev’essere ripetuta a tale scopo nel caso in cui l’emorragia si manifestasse senza arrestarsi spontaneamente nei giorni successivi al primo esame. Le altre complicanze riguardano l’effetto dei farmaci sedativi su persone a rischio, come i cardiopatici.

La colonscopia è sconsigliata in caso di diverticolite acuta importante con periviscerite (ma non di diverticolosi dove invece l’esame endoscopico, in mani esperte, è invece assolutamente indicato), di megacolon tossico e nei casi particolari di pregressi interventi chirurgici in questo tratto di intestino che possano accentuare il rischio di perforazioni intestinali.

La colonscopia virtuale non rappresenta oggi un esame sostitutivo della colonscopia tradizionale ma è una tecnica integrativa a questa. Oggi come oggi infatti il problema maggiore della colonscopia virtuale è legato al fatto che ha un’ottima sensibilità e specificità per polipi uguali o maggiori di un cm ma l’accuratezza diagnostica purtroppo si riduce con il decrescere delle dimensioni degli stessi ed ha una bassa sensibilità per adenomi o lesioni piatte.

Quindi l’indicazione principale della colonscopia virtuale è rappresentata, al momento attuale, dal completamento dello studio del colon nei casi in cui la colonscopia tradizionale sia risultata incompleta per esiti aderenziali post-chirurgici, per anomalie anatomiche (ad esempio dolicocolon), per una completa intolleranza del paziente, per il verificarsi di una importante reazione vagale o anche per un’importante diverticolite con periviscerite che renda problematica o rischiosa la progressione dell’endoscopio.

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